“Ten odon, ten megalen ten Fragkikon tou Kastronobou” recita in greco un diploma del 1096 che ritroviamo in latino qualche decennio dopo come “Magna Via Francigena®”. Siamo lungo una grande arteria di comunicazione che collega da sempre, in senso nord/sud, Agrigento con Palermo, incrociando la via di transumanza verso le Madonie nel territorio di Corleone e Castronovo di Sicilia, che in età medievale e per un lungo periodo venne chiamata col questo nome di magna via francigena®. Da secoli, chi  controlla il territorio ne controlla anche le vie di comunicazione, i ponti, i luoghi di dazio e dogana. La Magna Via nel corso del tempo ha stratificato molti nomi che testimoniano il passaggio e il controllo di genti venute da lontano. Per i Romani che coi loro eserciti puntarono nel II sec. a. C. su Panormus, fu il console Aurelio Cotta a rendere possibile e veloce il cammino e a Corleone è visibile l’unica testimonianza di miliarius esistente in Sicilia lungo la Agrigentum-Panormus. I Bizantini che ereditarono, dopo gli Ostrogoti, il potere di questi territori ed istituirono il thema di Sicilia, la nuova provincia dell’Impero Romano d’Oriente, era una via che collegava i punti strategici di controllo, le alture di approvvigionamento per uomini e animali, come il pianoro del Kassar di Castronovo e non tardarono a ricordarla coma odos basiliké, la via reale, cioè controllata dal potere centrale, come spesso risulta dai documenti posteriori in altri tratti di vie in Sicilia. Il potere musulmano di Emiri e Califfi che arriveranno in Sicilia dopo la presa di Mazara nel giugno del 827, porranno a Panormus la loro sede monumentale e prestigiosa e la chiameranno Balarm, mentre ad Agrigentum, da adesso Kirknt, rimarrà il forte del contingente berbero d’invasione. La via che collega le due roccaforti sarà denominata tarik al askar, la via degli eserciti e ricorderà per nome e per controllo l’importanza della via per i Bizantini e per i Romani. I Normanni che invaderanno la Sicilia nel 1060 scacciando i Musulmani occuperanno Balarm, convertiranno il popolo al cristianesimo ed edificheranno centinaia di chiese e abbazie lungo tutto il territorio, specie dove le sacche di resistenza araba erano più forti, nei territori agricoli del corleonese e del basso agrigentino. In pieno territorio sicano, alcuni documenti parlano di via exercitus, la strada degli eserciti, traducendo letteralmente l’arabo precedente. Dovremo attendere i diplomi del 1096 in greco, poi transuntati in latino a fine XII sec, sotto la corte sveva di Costanza d’Altavilla, sposa di Enrico VI imperatore e madre di Federico II di Svevia per avere la traduzione viam magnam francigenam Castrinovi.